In
una data come quella di oggi avrei voglia di parlare di Liberazione. Di quei
poveri cristi che ci avevano messo tutto, in molti casi la vita stessa, per
consegnarci la possibilità di mettere in piedi un paese migliore. Provo
disgusto e rispetto, strano binomio, nel parlarne. Disgusto perchè, ahimè, ho
letto i capitoli successivi di quella storia. Rispetto perchè io oggi non avrei
palle e motivazioni per fare lo stesso. Mi piacerebbe rivolgere un pensiero di
gratitudine a quelle persone e dirgli che il loro sacrificio non è stato vano.
Invece è un'ipocrisia. Il loro sacrificio è stato vano.
Di quella libertà non
abbiamo saputo che farcene. Con la meticolosità di un orologiaio abbiamo
rovinato, giorno dopo giorno, il progetto di un paese meraviglioso, sulla carta
e nella sua storia, mai oggi, mai. Cosa direbbe uno qualunque di quei cadaveri
di Salvini? E della Santanchè? E di Alessandra Mussolini? Sei morto, hai
combattuto, ti sei beccato quella raffica alla schiena che ha chiuso i giochi
con la tua vita per offrire possibilità future a tre stronzi così. Contento? Ha
avuto un senso la tua morte? Io credo di no. Ma forse tu potresti spiegarmi il
contrario, quello che nella mia amarezza non vedo. Tornano alla mente letture
feroci di Fenoglio, di quel gigante di Pavese e sembrano scritti antichi in
qualche lingua morta e dimenticata.
A
Cuba, intanto, il buon Saverio, ha aperto già da un paio d'anni un ristorante
italiano che si chiama Bella Ciao. Le cameriere servono ai tavoli con il
baschetto di Che Guevara, prevale il colore rosso e si respira un'aria, come
dire, di Liberazione. La scritta del marchio ha il font della Coca Cola e non
credo sia una scelta casuale. Un po' come dire: "Cari americani, prendo
per il culo uno dei vostri simboli più importanti con un messaggio radicalmente
opposto". Aprire oggi in Italia un ristorante con quel nome sarebbe un
fallimento annunciato e forse fonte di problemi. Triste ironia della sorte:
devi venire a Cuba per dare un nome ad un'attività che ricordi uno dei momenti più
alti della storia italiana. Ormai una delle prime regole è quella di scegliere
un nome che non si schieri. "Viva l'Italia", accettabile ma troppo
destrorso, chissà perché; "O sole mio!" troppo partenopeo, poi quelli
sopra il Po lo boicotterebbero; "Er cuppolone", troppo romano, lo
boicotterebbero tutti. Invece Saverio, da buon livornese sanguigno e poco
diplomatico, ha fatto una scelta di campo: Bella Ciao e fanculo a tutti. Mi
piace Saverio. Mi piace chi non ha paura di schierarsi. Probabilmente la sua
scelta è dettata da un ragionamento furbo: quanti degli italiani che vengono a
Cuba conoscono la genesi di Bella Ciao? Il 95% direbbe che è un pezzo con cui
Drupi è arrivato terzo a Sanremo, l'altro 5% si appellerebbe al quinto
emendamento. Comunque il Bella Ciao è un ristorante bello davvero. Un fresco
pergolato dove non di rado si incontrano italiani stanziali di quelli buoni.
Ottimo servizio. Un menu sempre aggiornato con creazioni quotidiane e fantasie
del momento. Un giorno ho perfino trovato il caciucco ed ero commosso come un
ospite di Carramba che sorpresa. L'antipasto di mare misto è uno dei più buoni
mangiati all'Avana, l'eco lontano (solo l'eco, sia chiaro, e lontano) del polpo
sublime della mia amata Isola del Giglio, stesso concetto, stessa regione, non
a caso. A mio giudizio è il miglior ristorante italiano all'Avana. Sarà che è
il posto dove hanno preso vita, tra un bicchiere di vino e l'altro, i miei
migliori progetti qui. Sarà la cordialità informale di Saverio che passa
trafelato e sudato per i tavoli lanciando messaggi telegrafici che accendono
universi: "... è rimasto il caciucco..."; "...ancora due
porzioni allo scoglio..."; "... ci sono i maltagliati...";
"Alessà, se qui va male la Celac dobbiamo cominciare a
preoccuparci..." - "Dici?" - "Dico. Era buono il
pesce?". Sarà tutto questo ma anche soltanto l'idea di fondo che serpeggia
fra quei tavoli, l'illusione che quella partigiana sia stata una guerra vinta,
una vittoria della parte migliore di un paese che ne ha fatto tesoro, e non un
pezzo di storia dimenticato e tradito, che ha lasciato dopo di sè un'Italia
peggiore e volgare che accompagna il suo vuoto con un motivetto che rimane
nella testa, uno di quelli che si cantano nelle gite di classe, Bella Ciao, di
Drupi, sì, mi pare proprio di Drupi, o no, aspè, ma non era di Toto Cutugno?
Ristorante “Bella Ciao” Calle 72 esq.a 19
Playa