A quarantott'anni sei un coglione malinconico o
incattivito. A venti un'esplosione di propositi che a te sembrano valere come
diamanti ma al mondo sembrano merda. Poi ha ragione il mondo. Ma tu aspetti i
trenta per fargliela vedere al mondo, per prenderti la tua rivincita. Ma a
trent'anni sei tu il mondo. E il gioco è fatto. Se eri Mozart te ne accorgevi a
sei anni. Se sei un coglione te ne accorgi a trent'anni o giù di lì. Ok, questo
per dire che a quattordici invece non sei niente. L'adolescenza. L'età più
stronza che abbiano inventato. Quel paradiso che perde i pezzi, i cherubini che
ti fregano lo specchietto della Vespa, gli angeli con le trombe celestiali che
si fanno le trombe. Un casino davvero. Proprio a questo penso in un sabato
pomeriggio torrido. Sono le 4 e sono seduto su un muretto del Le Select, un
locale di Playa. Fra un paio d'ore c'è il concerto dei Los Angeles e in giro
c'è nervosismo.
Mi guardo intorno e fumo. Un paio di pischelli mi chiedono se
si può fumare scambiandomi per uno della sicurezza. Cerco un'intesa facendo il
pischello anch'io : "Boh, io fumo, almeno fino a che non mi
cacciano...". Non muovono un muscolo. Probabili pensieri: "Idiota
straniero, e pure coglione". Bene, sono là. Mia figlia torna togliendomi da
quella mia assenza-di-senso e dicendomi: "Dovrebbero uscire da quella
porta...". Sì, sono qui per mia figlia, non per me. Non è ancora
adolescente ma siamo venuti al Le Select per vedere un po' cosa le toccherà a
breve. Cosa toccherà a me. I Los Angeles sono un gruppo giovanile di grande
successo. Migliaia di bambine in delirio con poster e fotografie. A una piace
Sian, quell'altra è cotta di Ansel. Io sono triste. L'adolescenza è l'età più
schifosa che c'è. Inizi a capire che il mondo non è poi così buono e che tu
ancora non hai unghie affilate né peli sullo stomaco. Ti innamori. A tutto
rispondi con l'amore. Senti questa roba che non riesci a contenere nel petto e
credi che a colpi di cuore troverai una strada, una posizione, le parole per
mettere in ordine tutto quanto. Imiti i grandi ma hai il sospetto che quella
recita si veda, che non sia la tua maschera. E allora ragazzine truccate
troppo, minigonne inutili, confidenze di segreti inesistenti. Per i ragazzi,
invece, affidare tutto, proprio tutto quanto, ad un taglio di capelli, ad un
orecchino audace, ad una sigaretta sempre accesa. Crollando dentro ad ogni
sguardo mancato, ad ogni promessa. Sono con loro. Se non mi sentissi ridicolo
gli direi che sono dalla loro parte. Uno di loro. Gli direi che il mondo dei
grandi è un bluff magistrale. Non abbiate rispetto. Siamo creature uscite
storte dalla vostra età. Alcuni incagliati in eterni quindici anni. Altri
germogliati dalla paura di quei quindici anni. Germogliati come piante cattive.
Inseguiamo per cinquant'anni gli amori negati alla vostra età e siamo un'orgia
di chiacchiere amare. Passano i minuti e mi farei del rum. Ma i ragazzi cubani
sono una buona gioventù. Non si fanno il rum. Mi piacciono. Pensano all'amore.
In Italia adesso, probabilmente, i loro coetanei si stanno smezzando cristalli
di metanfetamine, mentre loro chiedono il permesso per una sigaretta. Arrivano
i Los Angeles e trotterellano in un viale umano che li acclama. Uno di loro mi
passa accanto e mi dà la mano. Io, impreparato, gli rispondo: "Bella, secco...".
Scorre perplesso. Mia figlia è su di giri. È la prima volta che va in una
discoteca vera e propria. Mi piace essere stato io a portarcela. Non perché io
sia Tony Manero e voglio che segua le mie orme, ma perché mi piace esserci in
questi passaggi, poi nei ricordi. Iniziano a suonare canzoni piene d'energia. I
ragazzini esplodono. Il mio cuore è là. In mezzo a quell'età mai trascorsa. Il
mio corpo invece è sul muretto, lontano dal gioco. Roba loro, mi ripeto. Nina,
prima non balla, poi piano piano si scioglie. Da lontano mi sorride. Forse è il
suo modo di dirmi grazie e di far evaporare la paura della minaccia che la
aspetta quattro passi più avanti. Nell'adolescenza che sta arrivando. Il
concerto dura un'oretta. Poi alcune dediche e due ragazzine fortunate che
ballano un lento con i loro beniamini. Nina torna da me. La prendo per mano e
avrei voglia di piangere. Andrà via presto. Dietro ad un ragazzino carino che
la farà sognare. In quelle rabbie senza oggetto, nelle eterne proteste, nel
senso di impotenza, in quegli "i miei non mi vogliono proprio
capire...", in quel corpo che cambia, nei brufoli, nelle seghe a scuola,
nelle sigarette rubate, in quel vuoto che inizia a farsi spazio, una canzone
d'amore alla volta, fino a trovarsi lontana dai Los Angeles. Fino a trovarsi lontano.