A L'Avana le cose succedono per caso ma succedono con
sicurezza. È uno strano paradosso ma corrisponde alla realtà. Me lo enunciò
anni fa un cubano con il proposito di sorprendermi e non ci riuscì, ma poi nel
tempo gli ho dato ragione. Agli appuntamenti le persone non vengono, oppure lo
fanno con giorni di ritardo, o inventano cazzate, o muoiono, però finisce che
poi le ribecchi con una sicurezza che in termini statistici sfiora il 100%.
Serve solo pazienza, giornate che seguano la rivoluzione di Giove, altro da
fare. Un mondo minuscolo che segue regole diverse dalle nostre ma che
funzionano.
Questo per raccontare che mesi fa stavo in un'assurda trafila per
immatricolare il motore della moto e, tra i duecento giri che mi hanno
obbligato a fare, c'era pure una capatina in un'officina di 10 de octubre. Per
cosa? Boh. Firmare fogli. Controfirmarli. Sto lì mentre fuori piove e attendo
che il capo-officina venga a mettere firme, appunto. Arriva. È un negro di una
sessantina d'anni. Distinto. La solita domanda: "Italiano?". La
solita risposta colpevole: "Sì". "Mia figlia sta con un
italiano...". Affermazione insidiosa. Potrebbe essere un matrimonio
esemplare ma anche il preambolo ad un racconto di riduzione in schiavitù nel
casertano. Prendo tempo. "Conosci Opera?". Mi disorienta.
"Pavarotti? Caruso? 'Sta gente qui?" - "No, il ristorante,
Opera..." - "No, non lo conosco...". Faccia contrariata del
tipo. "È il ristorante di mio genero, l'ha appena aperto... Ci deve
andare...". Rifletto. La sua firma è importante. Decido di recitare la
parte del buon italiano. "Interessante... Ci vado volentieri... Dove si
trova?" - "In Vedado... Questo è l'indirizzo... Stasera io sono
lì..." - "Ah, ok, ho capito dov'è... Mi sa proprio che stasera ci
faccio un salto...". Il tipo mette la firma soddisfatto. Sugli ultimi
svolazzi penso: "Col cazzo che ci vengo...", ma continuo a sorridere
come il primo Salvo Randone.
Mesi dopo. Tre giorni fa. Un'amica ha in serbo una
sorpresa. Ti porto in un posto pazzesco. Dove? Ma no, fidati, è un posto che ti
piacerà. Li conosco tutti, dimmi come si chiama. Alessà, non rompere il cazzo,
ti ho detto che è una sorpresa! Ovviamente mi porta ad Opera. Una bella villa
del basso Vedado. Bei tavoli all'aperto e atmosfera che mi piace. C'è poca
gente ma in lontananza noto un negro seduto vicino alla cassa. Tutto torna. È
quel negro. Forse mi riconosce, non lo so. Io edifico un ideale muro di
travertino tra il mio sguardo e quella direzione. In cambio il padrone, un
italiano di una regione indecifrabile, è simpatico. Tira fuori un menu
incredibile. Parto con un polpo stupendo e poi con ravioli alla zucca mai
mangiati così buoni a Cuba. Coppe di vino bianco e prezzi onestissimi. Un dolce
strepitoso e poi tragos de rum. Un posto davvero bello. La mia solita diffidenza
che si scioglie come il cubetto di ghiaccio che ho nel bicchiere. Sarà stata
anche la bellezza delle chiacchiere di quella sera. Quelle che non tiri per i
capelli ma vengono fuori così, come soffi benigni di vento; sarà stata questa
stagione di piogge fenomenali che diventano sterzate a gomito verso un sole
rovente senza avvisare; sarà che Opera è un nome che lego a mio fratello e già
per questo mi ricorda casa; sarà che tutto torna e non si può mancare agli
appuntamenti dati a L'Avana. Prima o poi si chiude il cerchio. Sarà tutto
questo ma prima di ogni altra cosa la bontà di quello che ho mangiato e la
dolcezza del posto che mi fanno consigliare Opera. Fateci un salto e pensatemi.
Finirete col dire: "'Sto Alessandro, alla fine, non dice sempre e solo cazzate...",
e a me va bene così. Ah, l'indirizzo non l'ho preso e non me lo ricordo. Ci so
arrivare ma non vi risolve niente. Informatevi, io la dritta ve l'ho data.