Mi trovo in Italia da qualche giorno. Esattamente in questo
momento all'isola del Giglio. È un posto che mi piace da quarant'anni. Il
Giglio intendo. Fantastico sempre di venirci a morire ma non merita progetti
così cupi. Ammesso che il mio destino sarà quello di spegnermi serenamente, da
vecchio vecchio lo terrò in considerazione. È un posto che mi fa pensare. Una
sosta da tutto. Il Giglio ti sospende. Appena monti sul traghetto è come se
tutto il circo Barnum che ti porti dentro vada a prendere una camomilla.
Fermarsi ogni tanto fa bene. Molta gente ti ha parlato di Cuba in questi giorni
e un po' ti sembra che sia cambiata la percezione di quel posto. Quella che
l'informazione è riuscita a costruire è l'immagine di un paese che magicamente
si è rimesso in gioco. Che ha accettato le regole del progresso, che, in poche
parole, si è arreso al nostro modello. Non so bene, e per la verità non mi
interessano, quali siano gli accordi e le decisioni che si stanno prendendo.
Forse è una resa. Forse no. Sicuramente lo è da parte degli americani che hanno
giudicato mezzo secolo di embargo una grande cazzata. Chiedono scusa a tutti e
tentano un'altra strada. Ricorda la politica di revisionismo permanente del
Vaticano. Chiedere scusa a chiunque abbia subito nei secoli l'"entusiasmo
spirituale" cattolico e continuare la propria gloriosa cavalcata. Quella
che sento, però, è un'emozione strana.
Non credo abbia nome ma è quel senso di
irreparabile che avverti dopo una profanazione. È notizia di questi giorni la
imminente visita autunnale di Renzi a Cuba. Mesi fa è passata Paris Hilton
credo a perfezionare l'arte della fellatio, poi altri figuri di cui non ricordo
il nome. Mi rassicurava avere una patria. Mi rassicurava vivere in un paese
inviso ai corsivisti di Repubblica, condannato dai vertici del Pd, snobbato dai
nostri più "illuminati" imprenditori a piede libero del paese. Mi
piaceva ascoltare i commenti stremati di qualche produttore di tazze del cezzo
del Triveneto che biascicava: "Ma qui non si può fare impresa... mona...
Questi qui stanno cinquant'anni indietro... ma stiamo fuori?". Era bello.
Era abitare in un porto scomodo. Posti barca senza servizi e ospitalità ridotta
all'osso. Sentire adesso questi raggi di luce untuosi da cui Cuba viene
investita sembra l'arrivo di uno tsunami di merda. Renzi a Cuba, Renzi che
parla della storia cubana e ne celebra i "progressi" è come prendere
sul serio Biscardi che vuole parlare di filosofia. E ne arriveranno parecchi
come lui. Arriverà il chiasso stupido degli americani, i cappelletti con
visiera, quelli grassi che mangiano hotdog, quelli che imporranno i loro modi
di ridere e di essere colti. Forse già sono arrivati e non me ne sono accorto.
Mi ostino a vedere quello che vorrei che Cuba non svendesse. Io conto poco.
Magari se lo schifo diventa insopportabile cambio paese. Magari vengo a morire
al Giglio. Cazzi miei, tutto sommato. È che Cuba era bella così, rivoluzionaria
e arrogante come i discorsi di Fidel, bella come un sorriso del Che, colta come
gli sguardi del primo che incroci per strada, forte come i muscoli di chi l'ha
difesa, diversa come le logiche che la governavano. Un paese difficile e
arretrato per fare impresa, ma il paese migliore per fare vita.