Come
sta il blog? Bene, grazie. In realtà sembra svenuto ma è in una specie di
letargo, un letargo di quelli buoni. Sta per nascere dalle sue ceneri (?)
qualcosa di nuovo e di più grande. Riunioni febbrili e incontri vari stanno
componendo una squadra forte e compatta. A breve ne parleremo anche qui.
Intanto, rompo momentaneamente questo silenzio terrificante per una valida
ragione. Proprio ieri, 28 novembre 2015, si è chiusa la settimana della cultura
italiana a Cuba e nascono inevitabilmente molte riflessioni. Si sono alternati
eventi più o meno riusciti, proposte più o meno invitanti, a rappresentare la
cultura del nostro paese. Come sempre c'è a monte una questione di soldi, a
quanto pare, soldi che non ci sono. In un clima di totale austerità sembra un miracolo
aver portato Uto Ughi ed altri artisti di prima fascia. Certo, fa un po' di
rabbia sapere che altri paesi, assolutamente più modesti culturalmente del
nostro, possono contare su budget notevolmente più alti portando a Cuba
illustri sconosciuti.
Diciamo che in queste nozze coi fichi secchi si racconta
molto della "cultura" italiana, e di un paese capace di dare il
meglio di sé quando si tratta di arrangiarsi. Sarebbe bello un giorno vedere se
siamo capaci di offrire il meglio senza limitazioni e tagli. Faccio comunque i
miei complimenti agli organizzatori (primi fra tutti
Cinzia Rizzotti e Maurizio Capuano che hanno perso anni di vita per stare
dietro a tutto!) per
aver messo in piedi una settimana di qualità. Di
qualità
nel contesto ma in certi momenti eccellente. Voglio segnalare su tutti la
presenza del fisarmonicista di fama mondiale Marco Lo Russo che si è dato con
generosità in diversi eventi della settimana rendendoli indimenticabili.
L'amicizia che mi lega a lui non ostacola una riflessione serena ed obiettiva.
Marco Lo Russo, professore al conservatorio di Trapani, sta, negli anni,
riuscendo in una "missione impossibile" sulla quale nessuno avrebbe
scommesso un peso. Sta traghettando la fisarmonica, da una specie di ghetto
popolare e di strada ad uno strumento al passo coi tempi, in una terra "di
qualcuno" tra il pop, la musica sperimentale e i palcoscenici giovanili.
Attraverso la sua musica si riscopre uno strumento e se ne apprezzano
immediatamente virtù che sembravano confinate a scenari
marginali tra Kusturica e qualche vagone sudicio della metropolitana di Roma. È
già il secondo anno che mi spello le mani assistendo alla fusione piena delle
sue sonorità con la sperimentazione continua e imperdibile della compagnia di
teatro/danza Retazos. Una fusione nella fusione è la presenza scenica di Lo
Russo che riesce, con quattro passi sul palcoscenico, a togliere tutte quelle
incrostazioni nell'immaginario collettivo che delineavano uno strumento di
serie b in scenari di serie b. E poi ieri, nel teatro "naturale"
della Plaza Vieja di L'Avana, la disinvoltura con cui accompagnava il concerto
composito di David Blanco, cantante tra il rock e il pop cubano, adesso molto
in voga. Premetto che non amo le canzoni di David Blanco perché le ritengo
semplici e furbette, sempre che strizzano l'occhio e cercano pubblico, ma,
nonostante ciò, alcuni momenti musicali con Lo Russo sono stati di altissimo
livello ed il pubblico li ha apprezzati. Da sottolineare anche la presenza del
maestro pianista Giulio Vinci che si è prodotto in un lungo assolo introduttivo
che ha lasciato tutti a bocca aperta. Da non sottolineare, invece,
l'apparizione sul maxischermo, a metà concerto, del papa che diceva delle cose.
Non so, mi sono sentito catapultato in un luogo così prossimo alla tristezza,
all'oscurantismo, all'opposto della cultura che mi veniva da piangere.
L'inconciliabilità dei preti con la cultura l'hanno sofferta milioni di esseri
umani sulla propria pelle. Non ultimo lo stesso Pasolini, giustamente celebrato
nella settimana. Mi sembrava allucinante che proprio a Cuba si dovesse pagare
questa marchetta a questi tizi. Va bene, ormai è una barzelletta il paragrafo
della costituzione sulla laicità dello stato italiano, però mescolare le
esternazioni del capo di un altro stato alla cerimonia di chiusura della
settimana della cultura italiana mi sembra grottesco. E perché non
ospitare un comizio di Erdogan? O una
chiacchierata di repertorio con Geddafi? Vabbè, in ogni modo pensiamo ad altro,
va... Insomma, forse questa rottura del silenzio era solo per dire: se vi
capita di leggere "concerto del fisarmonicista Marco Lo Russo"
trovate il tempo ed andateci. Non ve ne pentirete. Ad maiora.