Per
certi versi vivere a Cuba è un continuo intreccio di due mondi, in alcuni
momenti di scontro, di negazione, in altri di incontro, di identificazione. In
ogni modo è un elemento costante nelle giornate di uno straniero, che lo si
voglia o no: c'è sempre uno spigolo della tua visione del mondo che se la vede
con un altro del mondo che ti ospita e se non si combinano in qualche modo,
allora fanno scintille. Molti anni fa, Loredana, un'amica italiana con decenni
di navigazione nell'universo cubano cercò di trasmettermi un concetto che
allora non colsi. "la cubania è forte", questo mi diceva.
Io non
capivo. Liquidavo dentro di me questa affermazione dicendomi che ad un italiano
non puoi parlare di cultura forte. L'italianità è forte. L'italianità è una
portaerei che naviga su tutti i mari e li trasforma. Non la cubania. E invece
con gli anni penso di aver capito le ragioni di Loredana. La cubania è forte.
Ma in che senso lo è? Intanto perché il cubano ha un'identità chiara e un senso
di appartenenza che altri popoli non hanno. Il cubano è, prima di ogni altra
cosa, cubano. E non è poco. Questo aspetto non lo mette mai in discussione. Non
ha nessuna proiezione verso l'esterno. Vuole viaggiare ma non vuole cambiare. È
curioso, certo, ma non vorrebbe mai essere altro da quello che è. Può
criticare, lamentarsi del suo paese, ma poi la via cubana alle cose è quella
che preferisce, è quella che pratica. Non è alla ricerca di suggerimenti.
Quando parlo di identità chiara mi riferisco al fatto che una rete di valori e
di abitudini sono patrimonio universalmente condiviso e indiscusso. Il modo
cubano di divertirsi, di intendere il divertimento, di intendere i codici non
scritti (il rispetto, l'amicizia, le relazioni), la famiglia, il lavoro, la
religiosità, gli altri, la propria terra, sono un serbatoio nel quale nessuno
ha mai messo le mani. Si potrebbe dire intatto, sacro. Ed è in questa rete così
diversa da tutto, così uguale solo a se stessa, che si articolano le giornate
dei cubani. Di tutti i cubani. Una rete leggera, forse, agile, ma chiara, e,
neanche a dirlo, una delle prime leggi della pubblicità recita che la
semplicità e la chiarezza del messaggio sono uno degli elementi principali per
una campagna di successo. E l'immagine cubana oggi vince sempre. Basta un video
di un minuto girato all'Avana ed è tutto chiaro, ed è tutto caldo, quel mondo,
il suo strano equilibrio, quell'identità. Se penso all'Italia penso a maggiore
frammentazione, a complessità, a infiniti strati, ad una corrente strana,
discontinua, appesantita, dove perdi rapidamente la voglia di cercare
direttrici costanti, dorsali condivise, il nostro personalissimo odore.
L'italiano ritrova se stesso forse ancora davanti ad una partita di calcio (del suo
club, sia chiaro, non della nazionale), davanti ad un piatto di spaghetti, nel
proprio dialetto (non nella lingua), e poi? E poi è un individuo solo al mondo,
isolato, debole. L'italiano è iconoclasta per natura e in quel serbatoio di cui
si parlava ha affondato le mani e ha fatto a pezzi ogni cosa, ha tagliato teste,
ha profanato tombe. Così si può dire che la cubania è forte, non migliore,
forte, e l'italianità debole. Aveva ragione Loredana. La cubania ti fagocita
nella sua corrente che non ha bisogno di niente, nè di te nè di nessuno. Non
vuole essere cambiata e non vuole cambiare. Questo elemento, tanto
sottovalutato da un'infame e stupida (e non a caso fallita) politica di embargo
e così tanto ben compreso dal genio politico di Fidel, è la vera forza di
questo paese. Non conosco posto nel mondo dove avrebbe senso una canzone come
quella di Habana d'primera "Me dicen Cuba", dove un gruppo musicale
di prima grandezza fa una dedica appassionata proprio a quella cubania che
tutti unisce e su cui tutti poggiano i piedi terminando con una rivisitazione
struggente dell'inno nazionale alla tromba. Non conosco una canzone del genere
(voglio dire, da noi ci ha provato Mino Reitano con "Italia, Italia"
e la gente ancora ride) che unisca in un unico sentimento tutti i cubani, dal
primo all'ultimo, da quelli che qui ci vivono a quelli che sono andati via, da
quelli a favore a quelli contro. Ascoltatela se vi capita, o guardate il video,
meglio ancora, così capite cosa voglio dire. Alla prossima.
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