Quando
si parla della vita notturna di Cuba si pensa soltanto a locali di salsa, di
merengue, di rumba o, al massimo, a discoteche martoriate dal reggaeton. Invece
l'offerta, soprattutto nella capitale, è molto più varia e non mancano sorprese
in linea con le tendenze più aggiornate sui generi musicali internazionali. Una
delle iniziative più alla moda e, in un certo senso "diversa da
tutto" è Hape. Nata quasi per gioco tra un gruppo di stranieri che
lavorano a Cuba, è diventato molto rapidamente l'evento clou per chi vuole
conoscere tutti i sapori, anche quelli meno banali, delle notti habanere.
Hape
é qualcosa che ti spiazza: nell'orario (inizia generalmente nel tardo
pomeriggio e dura fino a tarda notte); nei luoghi (la scelta della location è diventata col tempo una specie di fiore all'occhiello degli organizzatori: scenari atipici, suggestivi, storici, evocativi); nella scelta musicale (niente di scontato, musica elettronica ma sonorità che vanno a selezionare il meglio della tradizione locale e delle nuove tendenze internazionali); nella gente (all'Hape si trova una giusta miscela di persone cubane e straniere e tutte animate dalla sana voglia di divertirsi, ballare e ascoltare buona musica. In poche parole, se si cerca un luogo dove trovare le trite dinamiche di abbordaggio, dove trovare un certo tipo di stranieri e un certo tipo di cubani, Hape non è il posto giusto! Il respiro internazionale e lo straordinario equilibrio tra tradizione locale e ponti verso l'altro da sè è, a mio parere, il segreto di Hape.
Ho intervistato Simone Buosi, uno degli ideatori storici
di Hape in visita all'Avana per qualche giorno.
Ciao
Simone, mi spieghi cos'è l'Hape?
Hape
è nato da un collettivo di 5 persone che si trovavano a Cuba in un periodo di
grandi cambiamenti, nel 2015. L'idea si è concretizzata nel 2016 in tempi di
grande trasformazione per Cuba, di rivoluzione sulla Rivoluzione, tempi
d'apertura. Quindi c'è stato un po' il desiderio di riscoprire il passato, le
radici cubane, e quelle latinoamericane fondendole con la musica elettronica,
con la ricerca musicale, animati dal principio fondante dell'incontro.
L'idea
originaria è stata concentrata sulla ricerca musicale oppure era già in
progetto l'idea di creare delle serate, degli eventi?
L'incontro
è sempre stato un concetto fondamentale, l'incontro tra stili e correnti
musicali, tra generi, insieme all'incontro reale di persone, di culture, di
origini, è stato sempre il nostro punto forte. Il nostro è uno spazio dove
s'incontrano non soltanto diversi stili musicali ma anche diverse persone.
Tutto questo nella cornice di luoghi architettonicamente e storicamente
interessanti, coreografici, sorprendenti.
La
storia poi si è sviluppata: ce ne racconti i passaggi fondamentali?
Le
prime volte si è trattato di una festa, una bella feste di amici che poi, nelle
versioni successive
è diventata un vero e proprio evento dove varie persone si interfacciavano culturalmente e musicalmente mettendo in scena le proprie creazioni. Poi dall'evento è diventato un collettivo: tutte le persone che gravitavano intorno ad Hape hanno visto l'importanza dell'iniziativa e ci siamo dati una struttura, seppur informale, di collettivo che ci ha permesso di andare al di là dei semplici eventi che organizziamo una volta al mese all'Avana e in altre città. Adesso Hape è un laboratorio di incontro di artisti dove si può lavorare e creare. Laboratori creativi, così li chiamiamo. Da Cuba i fondatori hanno cominciato anche a viaggiare, alcuni a cambiare sede di lavoro, come me, quindi c'è stata una diaspora ed oggi Hape è una realtà il Italia, in Belgio, in Francia, e in Chad, un paese dell'Africa centrale dove siamo riusciti a creare dei collegamenti con artisti locali e l'idea è anche quella di cercare di portarli un po' in giro per il mondo. Non è che l'Hape abbia abbandonato L'Avana, anzi, questa città resta uno dei punti nevralgici del nostro progetto insieme a Venezia, Bruxelles e N'djamena. Questa è anche la sua forza perché è diventato un network internazionale di artisti
è diventata un vero e proprio evento dove varie persone si interfacciavano culturalmente e musicalmente mettendo in scena le proprie creazioni. Poi dall'evento è diventato un collettivo: tutte le persone che gravitavano intorno ad Hape hanno visto l'importanza dell'iniziativa e ci siamo dati una struttura, seppur informale, di collettivo che ci ha permesso di andare al di là dei semplici eventi che organizziamo una volta al mese all'Avana e in altre città. Adesso Hape è un laboratorio di incontro di artisti dove si può lavorare e creare. Laboratori creativi, così li chiamiamo. Da Cuba i fondatori hanno cominciato anche a viaggiare, alcuni a cambiare sede di lavoro, come me, quindi c'è stata una diaspora ed oggi Hape è una realtà il Italia, in Belgio, in Francia, e in Chad, un paese dell'Africa centrale dove siamo riusciti a creare dei collegamenti con artisti locali e l'idea è anche quella di cercare di portarli un po' in giro per il mondo. Non è che l'Hape abbia abbandonato L'Avana, anzi, questa città resta uno dei punti nevralgici del nostro progetto insieme a Venezia, Bruxelles e N'djamena. Questa è anche la sua forza perché è diventato un network internazionale di artisti
Un
passo indietro: chi sono le persone che stanno dietro Hape
Michele
arriva all'Avana come ultimo e voglio cominciare da lui. Si trova di fronte ad
una situazione di cambiamento avanzato, un anno dopo l'apertura di
conversazioni con gli Stati Uniti, un anno dopo l'apertura al turismo
americano. Lui lavora per l'Unesco, si occupa di cultura, capisce subito le
potenzialità del progetto e si unisce al collettivo con voglia e capacità. Poi
c'è Clemence che lavorava in Havana Club nell'area-cultura nella promozione del
marchio Cuba all'estero, e nella promozione della cultura cubana qui. Poi c'è
Benjamin, diplomatico. Infine Giuseppe, un imprenditore indipendente che arriva
a Cuba un po' più tardi degli altri. Poi ci sono io, che ho lavorato alle
Nazioni Unite qui all'Avana, che stavo osservando da vicino, sul campo, i
cambiamenti strutturali che stavano avvenendo in questo paese. Questo gruppo è
stato il nucleo dinamico dell'intero progetto. Abbiamo iniziato ad ascoltare
della musica, siamo andati soprattutto nella zona orientale del paese, a
Santiago, ad ascoltare artisti emergenti, abbiamo potuto soppesare le
potenzialità, abbiamo iniziato a creare rapporti, a tessere relazioni, a
proporre degli scambi. Da una specie di autogestione ha cominciato ad assumere una
dimensione più grande. Ci sono degli artisti inizialmente invitati a
collaborare che sono diventati parte integrante del collettivo. Per esempio dj
Jigue che è un dj cubano, aperto alla musica elettronica ma non vedendola in
contrapposizione alla musica nazionale ma semmai come un diverso mezzo
espressivo per valorizzare la musica nazionale. Proprio con dj Jigue abbiamo
messo in atto quello che vorremmo fosse uno degli aspetti caratterizzanti di
Hape: negli scorsi mesi ha partecipato ad un evento internazionale in Polonia e
poi, attraverso Hape, ha
potuto fare due performance musicali in Europa.
Il
genere che caratterizza Hape è esclusivamente la musica elettronica?
No,
non soltanto, anche perché la musica elettronica è un concetto molto vasto dove
elettronico è tutto quello che fai attraverso una macchina, un computer, quindi
sono molti i generi che possono passare. L'idea non è soppiantare la storia ma
rinnovarla. Una “Bacalao con pan” di Irakere ci sta benissimo come un Caparica
di Populous che è un dj italiano che è vissuto a Lisbona e che è stato
contaminato dalle sonorità di quei luoghi.
So
che tu hai solide competenze musicali, sei dj. Anche gli altri ragazzi del
collettivo sviluppano con Hape una passione specifica per la musica?
La
forza del collettivo è che raggruppa persone con background molto diversi così
come quello di chi partecipa ai nostri eventi. C'è chi ha un background più
musicale; Michele ha una preparazione più improntata alla gestione di progetti
culturali in senso lato e al diritto; Giuseppe ha spiccata esperienza ed
intelligenza imprenditoriale; Clemence ha esperienza legata all'organizzazione
e alla gestione di eventi, quindi tutti hanno portato competenze diverse. Oggi
il gruppo si è molto allargato e ci sono più di 20 persone che lavorano ad Hape
attivamente, quasi tutti come secondo lavoro, chiaramente: abbiamo persone a
Bruxelles, Venezia, N'Djamena, e presto apriremo Hape in un paio di città
nuove. 20 persone sono quelle più attive, per non parlare di tutte quelle
persone che contribuiscono a vario titolo all'organizzazione di Hape.
Quali
sono i vostri piani? In altre parole, non è più una festa tra amici e quindi la
domanda è: dove va ad approdare Hape?
Il
primo impegno che abbiamo preso con noi stessi è quello di creare
un'associazione per darci una
struttura concreta legale no profit, per poter
far diventare sostenibile il progetto a lungo termine e poter favorire
l'interscambio di artisti. L'idea è quella: creare ponti tra differenti culture
e differenti stati attraverso la musica. Qualcosa in questo senso l'abbiamo già
fatta: a Cuba, ma anche in Chad, dove un dj del collettivo di Bruxelles è stato
chiamato e insieme abbiamo organizzato un workshop di una settimana con degli
artisti locali cercando di spiegare tecniche base di djing. Questo con 10
ragazzi che non solo hanno imparato qualcosa ma che ci hanno insegnato tanto,
in termini di musicalità, ritmi. Questo è stato possibile grazie ad una
partnership con l'istituto francese di cultura nel Chad. Questo solo un esempio
dell’espansione: siamo in fase di dialogo con molte realtà e presto nasceranno
progetti concreti.
Quali
sono gli eventi programmati per i prossimi mesi?
Beh,
all'Avana ogni mese l'appuntamento con Hape è immancabile. Poi ci saranno
quattro eventi a Venezia, , a Bruxelles avremo altre date. Vi teniamo informati
sulle nostre reti sociali, Facebook, Instagram e Mixcloud.
Quali
sono i prossimi appuntamenti da non perdere?
Sicuramente
il 31 dicembre all'Avana in una location molto interessante
che non rivelo...
Comunque bisogna tenere le orecchie aperte perché sarà una sorpresa. In Europa
voglio dare l'anticipazione di un Hape al carnevale di Venezia. A fine febbraio
ci sarà un evento molto interessante a N'Djamena con moltissimi artisti locali.
Poi ci sono un sacco di sorprese che usciranno nel corso dell'anno. Lo spirito
sarà sempre quello di creare ponti tra culture in un'epoca in cui questi ponti
sono necessari per capirsi.
LE FOTOGRAFIE SONO GENTILE CONCESSIONE
DI EMANUELE MOZZETTI
DI EMANUELE MOZZETTI
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