Esiste un fenomeno, fortemente cubano nella sua dinamica,
che mi ha sempre lasciato sospeso, a volte incredulo, altre schifato, altre
ancora con la mente in un fondale nero, incapace di prendere posizione. Il
piropo. Con piropo si intende il complimento, più o meno articolato, che un
uomo cubano fa ad una donna per strada. Con quale fine? Questo ancora bene non
l'ho capito. Col piropo, parliamoci chiaro, non si scopa.
Non è che se io
incrocio una bella ragazza e comincio ad ansimare come un mantice e punteggio
questa mia agonia con parole tipo: " piccola, i tuoi occhi sono perle
gettate nel mare che solo io vorrei pescare per amarti per l’eternità"
finisco per rimorchiarla. No. L'ultima volta che è avvenuto un fatto del genere
risale al 1972. Da quel momento in poi le donne hanno tirato dritto. A volte
quelle più socievoli hanno sorriso sommessamente ma di finire in un motel al
volo neanche se ne parla. E allora, perchè? Non lo so. Credo che la mente lógico-razionale,
quella che costruisce piani e strategie, in quei momenti sia spenta. Parlano
gli ormoni. Il piropo è una diretta con il sistema linfatico. Non se ne può
fare a meno. Passa una bella ragazza e, invece di emettere un ululato, il
cubano articola parole. Bisogna dire che anche il piropo, così come ogni tipo
di manifestazione umana, ha avuto una degenerazione negli ultimi decenni.
Quello che un tempo era una specie di inno alla donna, la traduzione in parole
di quello stupore che colpisce un uomo alla vista di un essere celeste,
qualcosa di prossimo alla poesia, negli ultimi tempi si è trasformato in una
specie di violenza carnale verbale. Non lascia lividi ma la traccia sporca di
una mascolinità sbagliata. Nella sua fenomenologia, il piropo attuale sembra
non possa essere scisso dal sospiro rumoroso. Non è piropo senza
l'accompagnamento del suono di una pentola a pressione emesso dalla trachea
dello stesso autore. Fare un piropo diventa impresa non facile. Un buon piropo
suona più o meno così: "shhhhhhhhhhhh, mhhhhhhhhh, mami ("mami"
è il modo confidenziale di rivolgersi ad una donna e avvicinarla verbalmente),
que rica tu estas (como sei bona), shhhhhhhhhhhh, quiero meter la cabeza en
estos dos melones que tienes (mi piacerebbe mettere la testa tra quelle due
angurie che hai) y despues ocuparme de la papaya (traduzione complessa. Il
lettore tenga presenta che "papaya" ha tra i suoi ultimi significati
il frutto commestibile). Insomma, un suicidio. Altro ingrediente indispensabile
sembra essere il profilo comico della metafora. Non è mai (o quasi mai) una
descrizione brutale di uno scenario ginecologico ma c'è sempre l'invito ad una
risata. Questo è l'unico aspetto che me lo rende perdonabile un piropo, o, se
non perdonabile, lo smussa del suo portato aggressivo. Resta comunque intatto
l'interrogativo di fondo: dato che ogni comportamento umano obbedisce alla
regola del dispendio energetico per uno scopo, perchè si continua a praticare
il piropo se non porta all'obiettivo verso cui tutto il nostro apparato endocrino
tende? Boh. In ogni modo, una donna
minimamente attraente, costretta a percorre a piedi cinquecento metri della
città, è obbligata a subire una mezza dozzina di avances (che non sono neanche
più avances ma aggressioni) di questo tipo. Non è un caso che la maggior parte
delle ragazze avanere cammini con le cuffiette alle orecchie. Autodifesa. In
America, ma anche in Europa, non dico una parola ma anche una sola occhiata
prolungata di uno sconosciuto fa scattare blitz militari e accuse di stalking.
Anche se con molti distinguo e sofferenze interiori, tendo a vedere
quest'ultima come una situazione migliore. Una donna, per la sua impossibilità
di contrastare fisicamente un uomo non può essere obbligata a sopportare
violenze di questo tipo. Deve poter scegliere. Deve essere protetta da una
comunità. Altra cosa sono i piropos storici. Quelli che erano (e sono ancora
raramente) sfrenati movimenti di cuore, a volte ingenui, altre sfrontati, ma
sempre nei pressi di quel ricamo misterioso che è il corteggiamento e, alla
fine, l'amore. Quelli, le donne li apprezzano ancora, guarda caso. Da quelli si
sentono lusingate e investite. Quelli non sono violenza ma l'alfabeto di quella
incontenibile vertigine che ci mette gli uni sull'orlo degli altri, come di
fronte ad un burrone che il cuore, figurarsi la mente, non sa dominare o
comprendere. Scomoderei i versi di Petrarca, poi di Leopardi, di Salinas, di
Prevert. Elaborazioni alte di quegli stessi incendi del cuore. Le parole per
rendere sacra una donna. Perchè le donne sono sacre, ce l'ha insegnato la
poesia. E se non sono sacre allora non valgono la pena. Allora diventano solo
papaya e tette. E papaya e tette accendono erezioni brevi e ci lasciano
irrimediabilmente sulla terra. Una donna che si rispetti, è bene ricordarlo a
se stessi ogni tanto, è esattamente l'opposto delle cose terrene: è il
presentimento dell'infinito, è il sospetto che ci sia dio.
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