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martedì 6 marzo 2018

Le mie elezioni



Scritto di Alessandro Zarlatti

Sono a Roma. Lo dico per eventuali sicari qui o per chiunque volesse svuotarmi la casa all'Avana. Dai, è questo il momento! Dunque, a Roma, catapultato in un lampo nelle elezioni politiche 2018. In un lampo in tutto ciò che uno credeva di potersi lasciare alle spalle per sempre.
Il dibattito, Porta a porta, gli ammiccamenti di Vespa, l'idiozia di La Russa, la parabola clinica di Gasparri, giornalisti nuovi, direttori di giornale nuovi ma leccate di culo dal sapore antico o meglio, quel servilismo stanco, ormai di maniera, svuotato da ogni forma minima d'ideologia, di ispirazione, e quindi solo la difesa di un posto ben pagato che di questi tempi bisogna proteggere con le unghie e con i denti. Il mio istinto suicida che mi porta a consultare materiale di repertorio dell'intera campagna elettorale ed allora scovo uno Scalfari che, pimpante come un corpo cremato, snocciola a Di Battista un vademecum progressista come il discorso di un gesuita. La sinistra. Ahhhhh! Trovo discorsi di Renzi che fanno rabbrividire. Allusioni, minacce velate, code di scazzi interni, regolamenti di conti. Un mafiosetto permaloso ipnotizzato dal proprio culo, dalla propria carriera. Un mediocre senza respiro. Tutta gente invecchiata. Io per primo. Ma la distanza e il tempo restituiscono facce come fossero corpi morti portati dalla corrente. E allora scopro che Sgarbi è ancora vivo. Andiamoci piano, vivo... lo sterco vive? L'urina è materiale biologico? Incartato come sempre, ma con meno energia, in quel pupazzo che si è costruito addosso con pazienza certosina. Sempre per soldi. Sempre per difendersi il culo. Ho cercato febbrilmente Ferrara. È vivo? Vi prego, ditemi che è vivo! Non l'ho trovato. Dirige ancora quel giornale meraviglioso che vende tre copie l'anno e becca soldi dallo stato? Mi informerò. Di Berlusconi neanche parlo. Ho rispetto per i morti. Sembra mio nonno che nei suoi ultimi anni di vita piangeva alla parola "tritacarne". È andato. Se Silvio ti beccava per strada nelle settimane di campagna elettorale ti prometteva, nell'ordine: due uccelli, l'immortalità, sua madre, sua figlia, dodici puttane, una barzelletta. Vecchi. Un'intera generazione di vecchi stronzi (perchè c'erano anche i vecchi belli ma credo li abbiano inceneriti) che non vuole morire. Perdono pezzi, sorrisi, parole, facce, una dietro l'altra, ma non muoiono. E non dipende dall'età, sono vecchi Renzi, Salvini, la Boschi, Concita De Gregorio, quella poraccia della Meloni, Michele Serra, e poi, certo, quelli già decomposti, Berlusconi, Scalfari, D'Alema, chi altri? Sono avvelenato dalla sinistra. Non ho altro da dire, avvelenato. Com'è stato possibile affidare un intero partito, un'intera storia, a Renzi? Le ceneri di Berlinguer, di Gramsci, quelle di Pavese, il neorealismo, cinquant'anni di cultura italiana, quelle ceneri che lateralmente lo hanno odiato ed amato quel partito, Pasolini, dio santo, Pasolini. Migliaia di donne e di uomini che silenziosamente lo hanno costruito il PCI, gli hanno consegnato un'anima, giorno dopo giorno, riunione dopo riunione, nelle sezioni piene di sigarette e di ragionamenti contorti, negli attacchinaggi pericolosi, nelle scazzottate coi fascisti, nei libri letti di nascosto, nei coglioni arroventati di chi scioperava contro tutto e contro tutti, nelle donne che dicevano NO, in quelli che si rovinavano la vita per non voler cambiare idea, in quelli che perdevano il lavoro, in quelli che li ammazzava la mafia, in quelli che morivano sulle montagne per regalare un paese migliore a questi stronzi, a noi stronzi. A Renzi.
Ecco, noi stronzi. Io lontano che cambio paese. Sento una colpa che serpeggia quando ne parlo. Un paese lasciato proprio al suo destino. Mi dico che non avrei potuto fare niente. Solo rovinarmi la vita e il fegato. Ma poi l'argomento solito: se tutti avessero pensato come te, allora il paese sarebbe stato consegnato nelle mani dei Salvini e compagnia. E invece? E invece avete partorito Renzi! Ahahaha. In questo panorama i Cinque Stelle sembrano marziani. Ho ascoltato con attenzione quello che hanno detto. Gente normale. Finalmente giovani davvero. Con le incertezze e le ingenuità dei giovani davvero. Dei giovani che in questa epoca passa il convento. Non ho visto il giovane Lenin, nè il piccolo Ernesto Guevara, è chiaro, ma esseri umani che davano la sensazione di essere vivi. Per intenderci, non i giovani alla Renzi che trasudano paraculaggine democristiana da tutti i pori. Non i figli della borghesia più conservatrice e bara come la Boschi e la De Gregorio, il vero cancro della sinistra e forse del paese. C'è qualche speranza? Io questo proprio non lo so. L'Italia è un paese difficile, forse impossibile. Guccini diceva: "Ne abbiam visti geni e maghi uscire a frotte, per scomparire...". È un paese che sporca chiunque, lo insozza, la bruttezza ha anticorpi potentissimi, ha dalla sua parte la mafia, la chiesa, il razzismo, un malaffare diffuso in modo capillare sul territorio, ha l'insofferenza cronica, questo sostanziale non sopportarci più, questo non credere più ormai da un pezzo ad un progetto comune, ha questo "arraffa tutto quello che si può prima che sia tardi". Vedremo.
Io faccio il turista ed osservo. La mia città bella anche sotto la pioggia battente. Mi faccio cullare dalle frasi sguaiate di qualche vecchio romano che mi riconciliano con la vita. Un tizio a cui chiedo affannato l'indicazione di una strada e mi dice: "ahò, mica c'amo fretta, respira, piatela comoda che mò te spiego...". Quando le cose grandi perdono la speranza è bello afferrarsi a quelle piccole, a quelle da niente, ti tengono sulla terra e ti fanno vivere.   

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