La sera del primo di giugno ho partecipato,
come ogni anno, alla consueta festa della repubblica italiana che la nostra
ambasciata giustamente celebra con sfarzo. Se i primi anni in cui stavo a Cuba
vivevo emotivamente questo evento, oggi sento una certa fatica, la fatica della
maniera, della ripetizione di rituali, delle solite facce.
Forse sono
semplicemente più vecchio. Alla fine ci vado per vederle quelle solite facce,
per lanciare il segnale di essere ancora in vita e per mantenere nodi di
simpatia con quella decina di persone per cui vale la pena venire. Ma
quest'anno la festa si intreccia con un'attualità infuocata. Il nuovo governo.
Le aspettative. I timori. Siamo qui, in questo hangar della grande cervezera
dell'Avenide del Puerto e contemporaneamente siamo là, non so bene dove, ma in
Italia ad osservare questa nuova rappresentazione del circo. La politica mi
appassiona poco e quindi tendo a stare un po' lontano da certe discussioni. Mi
attraggono o mi respingono le persone e quelle osservo. La serata comincia con
un motivazionale patriottico che ti fa venir voglia di partire con 1000 buontemponi
e di sposarti con la prima Anita che capita. Un crescendo di dati entusiasmanti
su immagini mozzafiato: l'Italia è l'ottavo paese più industrializzato del pianeta;
l’Italia è il paese con il maggior numero di sedi patrimonio dell'umanità
dell'Unesco, e via così. In un istante ho capito come deve sentirsi un
affiliato Tecnocasa ad una convention. Inizio a fare quelle strane riflessioni che
facevo in chiesa quando ero bambino, quando mi soffermavo sul prete che mordeva
l'ostia o beveva il vino e mi venivano solo battute mostruose che sussurravo all`amichetto
vicino e lui mi fulminava con gli occhi di dio onnipotente. Ecco, una roba
così, poi il motivazionale si stemperava un po' su dati più cervellotici:
L'Italia è il terzo paese sopra l'equatore che usa tre spazzolini pro-capite
l’anno; è il quinto, partendo dal basso,
in cui gli uomini sotto i vent'anni portano la riga a destra; il diciottesimo,
escludendo l'Oceania, che paga le puttane con banconote da 10. Insomma. Così,
riflessioni ed emozioni un po' anemiche. Non so perché nel giro di pochi minuti
sono schizzato con la testa fuori da quella festa e mi è tornata alla memoria
una faccenda che mi faceva molto ridere qualche anno fa. Lo squadrone della
mortadella, così lo avevamo ribattezzato. Succedeva qui a Cuba. Ogni volta che
l'ambasciata organizzava un'attività, un ricevimento, una mostra, un concerto,
una conferenza, alla fine c'era l'immancabile rinfresco. Cosa succedeva? C'era
uno squadrone organizzatissimo di geni locali, sei o sette persone tra i trenta
e i cinquant'anni, che si amalgamavano tra gli invitati conversando amenamente.
Formavano circoletti intorno a te che stavi scoglionato, buttato in un angolo in
ombra a bere del vino, e chiedevano la tua opinione sullo spettacolo. Tu,
lusingato, cominciavi a pontificare, a straparlare, gratificato da
quell'attenzione così totale e inaspettata. Poi, quando eri nel bel mezzo di
quella pantomima, entravano i vassoi e lo squadrone della mortadella, con una
specie di comunicazione animale da muta di lupi abruzzesi, si compattava
intorno ai vassoi e li saccheggiava con la freddezza di un samurai. Tu restavi
appeso alle tue riflessioni come un coglione ma era il meno. Ricordo il
consigliere di allora che aveva intrapreso una guerra personale contro lo
squadrone e lo aveva scalfito, lo aveva smascherato in alcune circostanze, ma
non era mai riuscito a sterminarlo. Rispuntava nei momenti più inaspettati come
un plotoncino di Ninja tropicali camuffati da banano. Mi piaceva molto lo
squadrone. Per molti versi era l'umanità che più apprezzavo in quei frangenti.
Esseri umani alle prese con problemi reali, nei pressi della vita vera, quella
dei frigoriferi vuoti, dei soldi finiti, della paura. Non so perché sono finito
coi pensieri lì stavolta. Una specie di reazione. Una reazione a quella strana
incollatura di brava gente, una minoranza, troioni, puttanieri e preti che
avevo davanti ma non soltanto. Pensavo a questa nuova Italia che nasceva
dall'altra parte dell'oceano. A questa Italia del cambiamento e avevo voglia
che arrivasse lì il mio squadrone della mortadella a rovinargli la festa. A
questa Italia del facciamo pulizia, dell'aiutiamoli a casa loro, delle unioni
civili che non sono nella grazia di dio, dell' "a legnate dovrebbero
prenderli i froci, altro che matrimoni", della cazzo di vita sacra
dell'embrione, della nostra civiltà, di una marea di stronzate di cui non se ne
può veramente più. Lo sappiamo bene cosa siamo. Simpatico e vero il
motivazionale ma noi lo sappiamo tutti quello che siamo o continuiamo a tenercelo
per noi? Che la maggioranza della nuova Italia evade le tasse sistematicamente,
fa lavorare in nero chiunque quando può, la colf, l'impiegata, il fattorino, sua
nonna, chiunque, che va a troie nigeriane e si deprime quando hanno fatto una
retata e ce ne sono in giro poche, che pippa cocaina sempre, che di notte tradisce la moglie
d'ordinanza con quei froci che di giorno sono la merda della merda, che fa
abortire mogli, amanti, figlie dal medico amico, quello che fa tutto di
nascosto in clinica e non emette fattura, ma poi si dichiara obiettore per
strizzare l’occhio a qualche congrega di preti che lo premiano dandogli il
ruolo di primario in qualche ospedale cosa-loro; che gli immigrati diventano
casi da salvare quando si tratta di qualche bella fica di colore ma poi i
barconi non ci devono rompere il cazzo d'estate quando stiamo in spiaggia a
Lampedusa. Che la mafia è una merda quando ne siamo vittime ma quanto ci piace
quando il maresciallo ci facilita la pratica, quando l'ufficio tecnico ci mette
il fascicolo per primo, quando l’assessore ci dà il permesso per fregarci un
pezzo di marciapiede, quando qualche figuro raccomanda nostro figlio imbranato.
Legalità, legalità innanzitutto! Quanto ci piace riempirci la bocca di
fregnacce. Vogliamo i politici incensurati, per l’amor di dio, ma noi siamo censuratissimi.
Mani pulite, certo. Mani pulite. Quali? Vado avanti? No, va`, mi fermo qui. Noi lo sappiamo
cosa siamo. La maggioranza di noi ha perso ogni residuo di umanità ed è questa
roba qua. E davanti a questa roba, a coprire questa roba, una marea di
chiacchiere o di vestiti puliti sopra un'anima zozza. È la maggioranza. La
maggioranza. E questo è il primo governo dopo tanti anni, dai tempi del
fascismo, che rappresenta in pieno, anzi è lo specchio perfetto della
maggioranza degli italiani.
Io corro lontano, dal mio squadrone della
mortadella, che spero esista ancora. Magari avrà tatticamente spostato la sua attenzione
sui ricevimenti dell'ambasciata francese, o su quelli tedeschi. Resto a Cuba.
Nella mia Cuba, oggi più che mai. Lontano.
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