Amore, sono andata dal tipo dei noleggi e ho preso un po' di film. Che
ne dici di vederceli stasera a letto con pizza e birra? - Ok, mi piace.
Che film hai preso? - Boh, quello che aveva... Ho preso anche un film
italiano... - Come si chiama? - Boh, una cosa come "stiamo tutti bene",
lo conosci? - No... È un film vecchio? - No, non credo... - Vabbè,
bisogna stare attenti coi film italiani... - Si lo so, magari gli diamo un'occhiata: se ci piace lo vediamo e se non ci piace ne mettiamo un altro.
Ore 22. Flabia mette il film italiano. Io vado al bagno e mi perdo i
titoli. Comincia. Per le nozze d'oro di due tizi, Stefania Sandrelli e
un altro attore senza nome che sopporto il giusto, si riunisce tutta la
famiglia su un'isola del napoletano, forse Ischia. Causa maltempo non
partono i traghetti per un paio di giorni e quindi escono fuori magagne e
ipocrisie dei vari personaggi. Cast folto. Premesse per un affrescone
familiare. Inizio a sentire le proteste del sistema simpatico. Sudo
leggermente e ho la tachicardia. C'è Favino che mi piace, Ghini che mi
piace e poi gettati lì, a tradimento, come ginocchiate sulle palle senza
preavviso, Gianmarco Tognazzi e Stefano Accorsi. Uno sta lì per
fomentare, credo, la rabbia cieca del teleutente, l'altro "interpreta"
lo stesso personaggio dell'Ultimo bacio ma con un ghigno in paresi
facciale più profondo e imbambolato. "Ecco, 'sti due me stanno proprio
sur cazzo!", sbotto - "Perché amore?" - "Non lo so... Non lo so
spiegare, è una cosa che mi viene da dentro, un po' come l'orchite" -
"Vabbè, quello (Tognazzi) è simpatico..." - "No, non è simpatico. È che
comunque per me è segnato da quando fece quella parte maledetta nel film
Ultrà... Poi lo collego troppo al fratello, e - oddio, no, perchè mi
torna alla memoria, aiuto, perché?- lo collego alla moglie di Riky
Tognazzi, Simona Izzo, che ho sempre sognato di vederla mangiata dalle
locuste" - "E l'altro? Perché lo odii?" - "È lunga da spiegare... Era il
protagonista dell'Ultimo bacio... Un film che ti resta dentro come
l'uranio impoverito. Lo vedi e ti viene voglia di strapparti gli
occhi...".
Il film prosegue. Confermo: affrescone sulla famiglia
moderna, sulle relazioni moderne. Tutto moderno. Ti dà l'idea di un
regista che si affanna per rimanere sul pezzo, parla di applicazioni
smartphone, strizza l'occhio. Per fortuna Tognazzi e Accorsi vengono
centellinati come un lassativo. Mi fa ridere la parte di Ghini ma la
buona trovata del malato di Alzheimer che dice stronzate viene stirata
troppo. Mi sembra di vedere gli sceneggiatori che dicono: daje, dovemo
abbassà un po' er tono emotivo. Metti 'na stronzata de Ghini. N'artra?
Sì, daje, je famo fa 'n'antra risata. Finisce per prendere le dimensioni
delle gag. Peccato. Mi ricorda il presentatore dell'Ambra Jovinelli -
quando ancora era un teatro serio e io ci andavo di pomeriggio a vedere i
porno e le riviste di spogliarello - che tra lo spogliarello di Katia
Rover e quello di Gipsie Jackson (nomi che corrispondono a due vere
professioniste e due splendide donne, una con la stazza di una Land
Rover e l'altra con i capelli dei Jackson five) raccontava un paio di
barzellette dai contenuti mostruosi e veniva quasi linciato dalla platea
di militari in libera uscita che volevano solo annegare la loro
malinconia in una teoria di culi e zinne come se non ci fosse stato un
domani. Perché sono finito a parlare dell'Ambra Jovinelli? Perché il
film un po' mi annoia. Favino tiene in piedi la baracca. Sua moglie la
interpreta una tizia che ha anche un nome (che io ignoro), e ti dà
l'idea di essere odiosa sia di persona sia nei personaggi. Ti dà l'idea
di essere una che dice spesso: "ma dai! Da paura!". È appena meglio di
Martina Stella. Martina Stella, chi se la dimentica, è quella che ha
qualità espressive appena inferiori a quelle dell'attuale Schumacher.
Alcuni dialoghi sono da denuncia. Ogni tanto Tognazzi si mette al piano e
canta una canzone e tutti gli altri fanno il coretto. Penso all'uso che
spesso si fa nei film delle canzoni del passato e penso sia una lurida
furbata. Un conto è metterne una, al massimo due per fare contesto, che
ne so. Ma quando diventa l'astuzia per raschiare il fondo del barile
delle emozioni del pubblico, diventa una stampella stracciarola alla tua
incapacità di suscitarle quelle emozioni. Bravo Cocciante, bravo
Battisti, bravo De Andrè, ma tu, caro regista, che ce racconti de bello?
Penso: questo sarà un esordiente. Alla fine, poraccio, non ha fatto
proprio una totale monnezza. Un po' odiosa la scelta di campo, certo,
queste famiglie borghesi e le loro storie, i loro batticuore, ma tant'è.
Alla fine non sarà né il primo né l'ultimo. Domando a Flabia: "che
altri film abbiamo?" - "Vuoi toglierlo?" - "No, per sapere..." - "La
piel que yo abito di Almodovar, ti va bene?" - "Sì, chiaro che mi va
bene... Ma vediamo come finisce questo...". Stefania Sandrelli è brava,
ma anche lì mi sembra di sentirle le indicazioni del regista: Stefania,
tu fai, para para, la vecchia che hai fatto nella Prima cosa bella,
d'accordo? Così, me fai la svagata, mossette, giochi coi toni di voce.
Te va?
Il film finisce in un crescendo di irritazione. La finta
misura. La finta distanza dalla tendenza didascalica dei finali. Quel
fervorino così invadente e grondante seppur nascosto, quel dito puntato
contro l'ipocrisia, oddio santo, l'ipocrisia, il male della nostra
epoca, via via, brutta l'ipocrisia! Ti viene voglia di essere ipocrita
sempre, per contrasto. Finisce. Flabia sta per spegnere e mettere un
altro film. Le dico: aspetta, fammi vedere chi era il regista. Dopo il
fondale nero mettono di nuovo il titolo e scopro che si chiamava "A casa
tutti bene". Poi, a bruciapelo, altra schermata che mi fulmina come un
ictus: "Regia di Gabriele Muccino". "E no, porca di quella gran troia!
Noooooo..." e la faccia mi si deforma come l'urlo di Munch. Nooooooooo.
Dovevo immaginarlo: Tognazzi non lavora più neanche come animatore dei
veglioni di San Silvestro e Accorsi è considerato una vergogna nazionale
da chiunque, anche da sua madre. Solo un genio del calibro di Muccino
poteva riesumarli. Vado verso la cucina. Ricerca febbrile nei cassetti.
Dove cazzo è il coltello! Che vuoi fare? Niente, voglio cavarmi gli
occhi! Noooo, per l'amor di dio, non farlo, e poi, perché? Avevo
promesso a me stesso che non avrei mai più visto niente dei fratelli
Muccino. Dov'è il coltello, cazzo! Fermati, Alessandro! Che ti hanno
fatto i fratelli Muccino? Cosa cazzo ti hanno fatto, perdio, lascia quel
cavatappi! Che mi hanno fatto? CHE MI HANNO FATTO? L'ultimo bacio. Può
bastare? Dov'è il cutter, dimmi dov'è il cutter, voglio aprirmi
l'addome, voglio farla finita! Fermati! Non farlo. Flabia chiama i
vicini. Mi bloccano in due. Mi divincolo. Con il mio corpo faccio quello
che voglio! Intesi? Amore, lasciami fare ciò che è giusto, cristo
santo, e ricorda bene quello che sto per dirti, è importante: Silvio
Muccino è il fratello di questo che pensa di fare il regista ed è forse
quanto di peggio ci sia sul pianeta, dopo di lui io credo ci sia
soltanto la lebbra. Bene, Silvio Muccino è uno che dice "Non ci
credo..." a ripetizione, hai capito? No, non ti capisco. Non importa, è
perché non hai visto "Come te nessuno mai"... Comunque, fossero anche le
mie ultime parole, ricordati che i fratelli Muccino sono la fine di
tutto, come una glaciazione. Venti secondi di silenzio. I vicini mi
guardano increduli. Io mi calmo un secondo ma poi sento di nuovo un
conato di rabbia: lasciatemi uscire, vi prego, voglio uscire, voglio
andare a investire una decina di cani altrimenti non riesco a placare
questa sete di sangue. Non c'è verso, i vicini non mi mollano. Allora le
tenaglie, per favore passatemi le tenaglie! Voglio staccarmi due dita.
Ogni volta che guarderò le due dita tronche sarà il ricordo della
sciagura dei fratelli Muccino. Non c'è niente da fare. Mi legano al
letto. Mi sedano. Flabia mette una partita di baseball come
un'anestesista esperta. Dieci minuti di Industriales contro Santa Clara e
possono farmi l'appendicite coi denti. Ogni tanto biascico un Mu-cci-no
strascicato, come uno rimasto toccato dopo una stagione di Lsd. Flabia
lascia passare minuti poi mette Almodovar con sapienza. Faccio ancora
qualche sobbalzo tutto di reni perché mi sembra di vedere la testa di
Gianmarco Tognazzi che sbuca dietro il tubo catodico, poi Simona Izzo
che fa le vocette. Mi lascio catturare lentamente dal film. Mangio fette
di pizza. Penso che bisogna far attenzione a quello che mangiamo ma
ancor più a quello che mettiamo negli occhi. Ci vuole un secondo per
rovinarsi la vista, e la vita. Basta un film sbagliato e puff. Abbassi
la guardia e ti bevi un intero film di Muccino. Poi ti rimane nel corpo
per sempre, come una malattia autoimmune all'altezza del colon. Ti
rimane di traverso come la guerra.
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