Molti domandano: esiste la pornografia a Cuba? Se lo chiedessi a un cubano, quello ti risponderebbe: "la pornografia està perdida" e poi, come tutto da queste parti, in un modo o nell'altro, apparirebbe.
Dunque, essendo un tema che mi sta particolarmente a cuore faccio una premessa: per me la pornografia è una delle grandi conquiste dell'umanità. Vediamo, c'è stata la ruota nella preistoria, la scoperta della prospettiva nella pittura del 1400 e poi la pornografia e il motore a scoppio nell'epoca attuale.
L'accusa sostiene che la pornografia impoverisce l'atto d'amore, inquina il nostro immaginario erotico con contenuti inverosimili e malati, ci abitua sovente a un ruolo femminile stereotipato e maschilista. Tutto vero ma sempre vero in parte. Sul terreno fangoso della sessualità esiste il principio del "vero all'alba" (tiè, citazione raffinatissima di un libro attribuito a Hemingway). Vero ma anche no.
Credo che la propria capacità di amare in modo sano, di vivere la sessualità in modo degno e rispettoso passi per la famiglia, per le relazioni che abbiamo respirato nella nostra infanzia, per i libri letti, per i film visti. In un contesto sano, la pornografia è una goccia salata che non cambia il sapore di niente, per certi versi è una gran cosa, un fantastico passatempo e la sua negazione una penitenza incomprensibile.
A Cuba la pornografia non c'è
A Cuba la pornografia non c'è. E' illegale. Non ci sono riviste pornografiche e neanche cinema a luci rosse. Non esistono canali televisivi cialtroni come ai miei tempi era Rete Sole che dopo mezzanotte ti regalava qualche sudata chiappa.
Questo non vuol dire che non circolino, soprattutto dopo l'avvento degli smartphone e del digitale, terabyte di filmetti di tutti i tipi, playlist virali, serie, pacchetti settimanali "tematici". Senza contare che i più fortunati, quelli che hanno Nauta Hogar in casa, possono tranquillamente fruire della ricca programmazione di Pornhub e Youporn. Ma intere generazioni post rivoluzionarie, quelle dei miei coetanei ma anche quelle parecchio più giovani, non hanno potuto attraversare quel terreno iniziatico, didattico e formativo della pornografia. E ne parlo come di un limite, non me ne voglia nessuno.
Chi non é uscito sano dalle forche caudine dell'adolescenza vada a cercare le cause altrove, non mi tocchi i miei Le Ore e le mie collezioni de Il montatore.
Dunque, cari amici cubani nati negli anni sessanta, settanta, ma anche ottanta, vi racconto cosa vi siete persi.
1) I fumetti. Generalmente il primo approccio alla pornografia di un adolescente italiano degli anni 70 erano i fumetti. Il già citato Il montatore (parodia di Lando Buzzanca), insieme a Lando (il mio preferito, dove il protagonista era Adriano Celentano), Il camionista, Sukia, Jacula, Zora, Monella, Il tromba, erano la scuola materna della nostra proto-sessualità. Io che avevo un fratello più grande di tre anni scambiavo opinioni sui fumetti porno coi miei coetanei come un pluriripetente ripassa le tabelline con i compagni di classe. Un veterano.
2) Subito dopo si vanno a comprare le riviste. C'è un momento imprecisato dell'adolescenza in cui i fumetti non bastano più. E allora lotterie mostruose tra gli amici su chi doveva andare all'edicola a comprarle. In genere finiva sempre che ci andava il più coglione o quello con due peli di barba. "Tu dimostri diciott'anni", dicevamo a un dodicenne che esibiva una peluria impercettibile sul labbro superiore. Quello si impettiva e entrava in edicola tremando. Ogni tanto lo cacciavano, ogni tanto no. E allora, quando tornava con la refurtiva, furiose letture di gruppo nell'intercapedine sotto l'ultimo balcone del mio palazzo. Silenzi di marmo. Deglutizioni. Frasi smozzicate: "anvedi questa..."; "questa nun c'ha du' zinne, c'ha du cocomeri...".
Titoli? Beh, dopo Playboy e Playmen che erano "leggeri", la vera bibbia era Le Ore, poi veniva Cronaca Italiana, poi Supersex, poi molti altri. Ecco, su Supersex voglio scrivere un paragrafo a parte.
3) Supersex. Chi in Italia non ha mai letto Supersex ha perso una delle più geniali idee editoriali del secolo scorso.
Prima di tutto era un fotoromanzo porno. Già qui c'era il genio. Poi la storia: lui era un extraterrestre che girava per la terra con occhiali neri come un guardacosta. Quando vedeva una tipa carina si toglieva gli occhiali e allora (cito alla lettera) "scattava il fluido erotico". La tipa crollava quasi subito. Si accoppiavano e, nel momento del godimento estremo, Supersex pronunciava una frase che è stampata nella memoria collettiva di milioni di italiani più dell'incipit della Divina Commedia: "Ifix tchen tchen". Non voleva dire un cazzo ma ce la ripetevamo come un codice esoterico tra di noi. Se non sbaglio un amico se l'è pure tatuata da qualche parte.
Gabriel Pontello, l'attore di Supersex, a quei tempi era un idolo al pari di Falcao e di Bruno Conti. Per farvi capire il fenomeno: una dozzina di anni dopo, nella discoteca Acropolis di Roma entra un tizio visibilmente appesantito, accompagnato da un un crocchietto di strappone. La gente comincia a scrutarlo fino a che qualcuno ha l'illuminazione: "Ma quell'attrezzo è Gabriel Pontello!". Da quel momento in poi cori da stadio per lui che afferra uno dei troioni e improvvisa un ballo goffo e lipidico in un profluvio di applausi e di "olè!". Ecco chi era Gabriel Pontello.
4) Cinema. In questa epoca di internet e di home theatre, di Youporn e di canali digitali, non si può neanche immaginare lo stupore di fronte ad un film porno per un adolescente italiano degli anni settanta. I film, quei film, li vedevi solo al cinema. A Roma ce n'erano alcuni che andavano per la maggiore tra noi ragazzini, tra i militari, i vecchi maniaci e le mignotte: il più decente era il Mercury. A due metri dal Vaticano era uno dei pochi che lasciavano entrare anche nanetti come me che a sedici anni ne dimostravano undici. Poi c'era l'Ambra Jovinelli, oggi tornato teatro di serie A ma che allora era uno dei più sordidi cinema porno in zona stazione Termini. E poi c'era il Volturno.
5) Il Volturno. Ti lasciavano entrare anche se avevi sette anni. C'era la proiezione e poi rivista di spogliarello. Ecco, lo spogliarello. Che ne sapete voi dello spogliarello del Volturno? Che ne sapete della vita?
Un presentatore sciatto e volgare vestito come il cocchiere di Cenerentola teneva a bada una masnada di militari e ladri che lo insultavano in continuazione e gli tiravano roba. Lui teneva il punto, a volte rispondeva "Sì, tu madre..."; "Quello lo fa tu sorella...", e introduceva sul palco regine della mia memoria. È possibile che a 54 anni io fatichi a ricordare il nome del protagonista, che ne so, di Delitto e Castigo (poi me lo ricordo ma faccio fatica) e abbia fissi davanti ai miei occhi i nomi di Katia Rover e Gipsie Jackson, le orrende spogliarelliste del Volturno, incancellabili come le parole di un congiunto sul letto di morte? È possibile? Non lo so. È malato ma è così.
Si andava al Volturno soprattutto per ridere. Dopo, si tornava in vespa nelle nostre zone e si commentava la sciattezza di Katia Rover, lo squallore di Gipsie Jackson, la volgarità di quel ceffo che le presentava. Si rideva molto.
E c'era l'amore. Chi aveva qualcosa seminato nel cuore conosceva bene le strade, quelle apparentemente lontane e quelle inviolabili. Conoscevamo fino in fondo la dignità della strada di Katia Rover e anche i suoi limiti. Noi, gli stessi che di giorno ci perdevamo nell'incanto dei dilemmi di Raskolnikov, nelle sbornie di Henry Chinaski come negli occhi di una nostra coetanea, nei suoi baci leggeri, nelle nostre indecisioni, nei nostri migliori vicoli del cuore, non abbiamo mai perso la rotta. Se hai qualcosa nel cuore non perdi la rotta.
Per concludere, non credo che la costruzione dell'uomo nuovo tanto immaginata qui a Cuba possa passare per un sentiero di negazioni. Cuba lo ha capito col tempo. L'uomo nuovo, se ancora lo sogniamo, oggi, da vecchio, io lo immagino sporco ma forte, mi verrebbe da dire vaccinato. Distrutte tutte le campane di vetro sotto le quali si cercava di salvarlo, salvarlo invece esponendolo a tutto, al capitalismo, al mercato, all'informazione, e, perché no, alla pornografia, restituendogli un equilibrio che ha il sapore della pacificazione.
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