Mi trovo in Italia da qualche giorno. Esattamente in questo
momento all'isola del Giglio. È un posto che mi piace da quarant'anni. Il
Giglio intendo. Fantastico sempre di venirci a morire ma non merita progetti
così cupi. Ammesso che il mio destino sarà quello di spegnermi serenamente, da
vecchio vecchio lo terrò in considerazione. È un posto che mi fa pensare. Una
sosta da tutto. Il Giglio ti sospende. Appena monti sul traghetto è come se
tutto il circo Barnum che ti porti dentro vada a prendere una camomilla.
Fermarsi ogni tanto fa bene. Molta gente ti ha parlato di Cuba in questi giorni
e un po' ti sembra che sia cambiata la percezione di quel posto. Quella che
l'informazione è riuscita a costruire è l'immagine di un paese che magicamente
si è rimesso in gioco. Che ha accettato le regole del progresso, che, in poche
parole, si è arreso al nostro modello. Non so bene, e per la verità non mi
interessano, quali siano gli accordi e le decisioni che si stanno prendendo.
Forse è una resa. Forse no. Sicuramente lo è da parte degli americani che hanno
giudicato mezzo secolo di embargo una grande cazzata. Chiedono scusa a tutti e
tentano un'altra strada. Ricorda la politica di revisionismo permanente del
Vaticano. Chiedere scusa a chiunque abbia subito nei secoli l'"entusiasmo
spirituale" cattolico e continuare la propria gloriosa cavalcata. Quella
che sento, però, è un'emozione strana.