Qualche
giorno fa sono andato nel quartiere di Regla. Si tratta di un quartiere storico
e popolare che mi ha sempre incuriosito. Mi ha sempre incuriosito la sua
posizione che è come quella di una vecchia che guarda dal balcone quello che
succede nel palazzo di fronte. Regla si trova sul lato opposto del canale che
costeggia L'avana Vecchia ed è raggiungibile con la famigerata "lanchita
de Regla" una zatterona a motore che parte dall'Avenida del Puerto e
arriva (se arriva) nel cuore di quel quartiere. Se non sbagliate imbarcazione e
finite ad attraccare al Monumento del Cristo e quindi siete costretti a
ripartire dal via sprecando quasi un'ora (come è successo allo scrivente con la
testa chissà dove), in una decina di minuti siete dall'altra parte. L'occasione
era una visita a Nico.
martedì 1 marzo 2016
venerdì 26 febbraio 2016
domenica 7 febbraio 2016
Intervista a Luis Ernesto Doñas
Laureato presso l’ISA (Instituto
Superior de Arte) de L’Avana in Media audiovisivi e Regia filmica.
Dopo varie collaborazioni in lungometraggi di importanti autori come Enrique Pineda Barnet, Carlos Lechuga e Jorge Luis Sánchez, realizza documentari, clip di video-danza e cortometraggi di fiction, fra cui OSLO che gli ha fatto ottenere numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Di recente ha co-diretto l’opera teatrale BENT.
Dopo varie collaborazioni in lungometraggi di importanti autori come Enrique Pineda Barnet, Carlos Lechuga e Jorge Luis Sánchez, realizza documentari, clip di video-danza e cortometraggi di fiction, fra cui OSLO che gli ha fatto ottenere numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Di recente ha co-diretto l’opera teatrale BENT.
Nel 2015 è stato il regista
dell’allestimento dell’ALCINA di Handel per il Teatro Lirico Nazionale di Cuba,
nel quale ha immesso un nuovo modo di produrre l’opera lirica, e in particolare
l’opera barocca, innovando nel campo dell’interpretazione e della recitazione.
Innamorato dell’Italia, e in particolare di Roma dove ha studiato per 7 anni, ma
anche di Taormina, Trieste e di ogni città sul mare, sta ora scrivendo il suo
primo lungometraggio, Esencia Habana, su uno dei primi bar a permettere
spettacoli di travestiti.
Gli rivolgiamo le canoniche 5 domande
più una.
sabato 23 gennaio 2016
Punto di vista
Ho un'oretta per scrivere
qualcosa e quindi scrivo. Il bello all'Avana ha avuto un rallentamento
preoccupante in questi ultimi mesi, ha perso il ritmo come un ballerino demotivato.
E qualcuno mi domanda: "chiude i battenti?".
Non lo so. Forse diventerà una cosa più grande. Forse più piccola. Forse
niente. Non ho idea. Invece so che la sua intermittenza mi piace. Mi piace
scrivere quando ne ho voglia. Quando ho qualcosa da dire, quando ho tempo e
soprattutto quando tira il vento giusto. Nasce su una promessa di irregolarità,
di parzialità, di umori, e le dichiarazioni di intenti, come i peccati
originali, sono importanti.
domenica 29 novembre 2015
Settimana della cultura italiana e il fisarmonicista Marco Lo Russo
Come
sta il blog? Bene, grazie. In realtà sembra svenuto ma è in una specie di
letargo, un letargo di quelli buoni. Sta per nascere dalle sue ceneri (?)
qualcosa di nuovo e di più grande. Riunioni febbrili e incontri vari stanno
componendo una squadra forte e compatta. A breve ne parleremo anche qui.
Intanto, rompo momentaneamente questo silenzio terrificante per una valida
ragione. Proprio ieri, 28 novembre 2015, si è chiusa la settimana della cultura
italiana a Cuba e nascono inevitabilmente molte riflessioni. Si sono alternati
eventi più o meno riusciti, proposte più o meno invitanti, a rappresentare la
cultura del nostro paese. Come sempre c'è a monte una questione di soldi, a
quanto pare, soldi che non ci sono. In un clima di totale austerità sembra un miracolo
aver portato Uto Ughi ed altri artisti di prima fascia. Certo, fa un po' di
rabbia sapere che altri paesi, assolutamente più modesti culturalmente del
nostro, possono contare su budget notevolmente più alti portando a Cuba
illustri sconosciuti.
giovedì 29 ottobre 2015
Percorsi e viaggi musicali: Laura Mollica e Giuseppe Greco
Sono qui, in un bar del centro
storico dell’Avana, e vivo un’esperienza emozionante, di quelle che al giorno
d’oggi capitano sempre più raramente: essere in un luogo che l’UNESCO ha
dichiarato “Patrimonio dell’Umanità” in compagnia di una persona che dal 2011 è
parte del “Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità” dell’UNESCO, unica
artista professionista a rientrare nelle espressioni dell’identità culturale
della Sicilia. Lo scorso 7 ottobre, Laura Mollica (voce) e Giuseppe Greco (chitarra,
percussioni e direzione musicale) hanno affascinato prima, e trascinato poi, il
fortunato pubblico della Sala Teatro del Museo delle Belle Arti con uno
spettacolo di rara perfezione e di grande coinvolgimento: La vuci mia, presentato nell’ambito del Festival Les Voix Humaines
organizzato da Leo Brouwer e Isabelle Hernández.
L’intervista a Laura e Giuseppe inizia
con le canoniche 5 domande de “Il bello all’Avana”. A queste, sebbene siano
teoricamente rivolte a un unico interlocutore, risponderanno entrambi con una
sintonia tale da non richiedere la necessità di specificare chi abbia
effettivamente risposto.
Che cos’è il bello all’Avana per te? Il festival ci ha permesso di
avere un accesso privilegiato alla città, che non è solo salsa, non è solo
questo folclore che può osservare il classico turista. Invece, abbiamo scoperto
che c’è un’offerta culturale importante. Parlando poi delle impressioni, del
paese, di bello c’è la gente, la popolazione. Pur vivendo in una situazione di
sofferenza, di difficoltà, abbiamo potuto riscontrare la dignità della gente,
un grande decoro, anche se non hanno risorse. Certo, ci siamo anche accorti che
esistono due Avana, due mondi paralleli, quello della gente che ci vive e il
gran luna park turistico. Una città di contraddizioni, di contrasti, ma non
sarà forse questo il bello dell’Avana? Le forti emozioni che riesce a
suscitare, e il “mal di Cuba”, come una volta si diceva invece dell’Africa, che
colpisce quanti passano per quest’isola.
sabato 19 settembre 2015
Le piogge di settembre
Siamo io
e Maurizio. Abbiamo appena finito di vedere Roma Barcellona dalla "tribuna
Siboney" e torniamo a casa. La tribuna Siboney è la splendida casa di Fabio che settimanalmente riunisce
una decina di romanisti sfegatati. Atmosfera stupenda: il nostro dialetto,
prelibatezze, chiacchiere, tifo, la Roma. Quella specie di malinconia diffusa,
quella distanza che colmiamo parlando più romano ancora, citando
ricordi, in un labirinto di parole private dove troviamo solo noi la strada. Io
e Maurizio per strada. Da Siboney prendiamo Quinta e cade sulla macchina una
tempesta tropicale. Si annunciava da ore ma adesso viene giù con la forza di un tuono interminabile. Quinta si inonda.
Dalle traverse scendono fiumi d'acqua che mettono paura. Macchine ferme. Il
Moskovic di Maurizio tira dritto come un guerriero coraggioso. Solleva creste
d'acqua come una barca a vela ma va avanti nonostante tutto. Maurizio mi dice
che il segreto delle macchine a benzina è lo spinterogeno. Se si bagna
quello, è finita. Mentre camminiamo a
passo d’uomo penso che mi piacciono le
piogge di settembre. Queste piogge.
Hanno il sapore del rimescolamento delle pedine del domino. Aria nuova.
"Agua", dicono qui. Un'altra partita ancora. Una specie di
rivoluzione. Parliamo ancora. Delle prestazioni dei giocatori. Di certe
intuizioni tattiche. Ma io sono altrove. Penso a questo settembre. Alla rivoluzione
permanente che mi attraversa. A queste piogge terrificanti che mi infliggo per
cambiare ancora le tessere della mia partita. Mi domando se abbia un senso
parlare della mia rivoluzione permanente. Se non sia una contraddizione in
termini.
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